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Titre | L’Hoggidi |
Auteurs | Lancelloti, Secondo |
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Date de publication originale | 1623 |
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, "Che per conto dell’architettura, pittura, e scoltura agl’ingegni Hoggidi non deve darsi taccia di maggiore imperfezione" (numéro Disinganno 15) , t. II, p. 301-302
Stiamo a vedere (cosi parmi di sentire, c’ho buone orecchie, gli hoggidiani quasi in un’assemblea fra di loro) che costrui vorracci far travedere, c’hoggidi si trovi pittore, il quale o come Zeusi con l’uve faccia volare a quelle gli uccelli, o come Parrasio inganni Zeusi con un velo quasi fosse vero, o come un’Apelle muova le cavalle ad annitrire ad un cavallo, o come un’altro con un’imagine di Dragone spaventare gli uccelli, o come Protogene muovere verso le sue pernici i maschi a libidine, altri un cane verso una cana, altri un bue verso una giovenca ; stiamo a vedere. Stiamo a vedere, che saremo da costui affascinati a credere c’hoggidi comprassi una pittura, come quella d’Aristide Tebano dal Re Attalo 100 talenti, che al conto di Brodeo fanno 6000 ducati, o come quella di Timomaco comprata da Cesare dittatore 80 talenti staremo a vedere. Buone parole signori hoggidiani. Si come io non nego, che tutte dette cose non sieno state si ritte, che l’ho lette più volte, cosi voi per grazia vostra non mi negate il vero, che non da altri che da Plinio Farfalloniero per la vita, e che voi ne altri con minimo vestigio d’esse pitture mi poteste provare tanta eccellenza loro, di maniera che bisogna starsene a Plinio. Se noi affermaremo, ch’i pittori (da 300 in 400 anni al più, perché non meno di 1000 anni credesi che sia stata morta e sepolta la pittura, se non hoggidi) sono stati si come di numero moltissimi, cosi d’arte perfettissimi tutti che non habbiano commossi gli uccelli, i cani, e i cavalli, hanno inserito stupore ne gli uomini, e non parliamo in aria, ma mostriamo l’opere loro.
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, p. 308-309
Oh, Zeusi con l’uva dipinta, dite voi [[1:Jacob Vuympf c. 68]], trasse gli uccelli a beccarla, il che non habbiamo d’alcuno de’nostri mentovati di sopra. Già io ho dato dentro con un libro di farfalloni contra gli antichi historici, et hocci rotto, come suol dire il volto, un paio di scarpe, intendinla come voliono i presenti o posteri bell’ingegni, e però non temo, che son omillanterie delle Grecia, e Farfalloni di Plinio, e quello dell’uva, e quelli de gli animali, che dessero segno di riconoscere altri della loro specie fatti di colore per naturali. Erano, scrive Plinio, dipinte in una scena quell’uve. Hora quardisi s’ha del verisimile, che gli uccelli in una sala (ma era per avventura all’aria aperta) o dove si è tanto popolo (ma dovete succedere forse prima, o dopo la comedia, tuttavia chi gli vide ?) avvertino alcuni grappi d’uva, e volino per mangiarla. Che sorte d’uccelli furono quelli, passeri, rondini, tordi, merli ? dovevano pure dircelo. Manco probabile assai è di quell’altre, ch’un fanciullo haveva in mano. Supposto in cuor del verno, e che la terra tutta sia coperta di neve affatto, e gli uccellini tutti morti di fame, e mettasi un putto in mezzo ad un campo con un grappo d’uva grande poco meno che quello che fù portato da due uomini sopra una stanga dalla Palestina a gli Ebrei, io scommetterei un regno, se l’avessi, che non accosteravvisi mai uccello alcuno, ancorché ad effetto vero e non finto. De gli animali porto l’istessa opinione, perché questi non si risentono al coito solamente per la vista, ma per lo moto, per l’odore, e per la voce, niuna delle quali tre cose ha la pittura, farfalloneggi quanto vuole Plinio, Valerio, e chi chi sia. Appresso di me pare di minor maraviglia senza comparazione che Zeusi fosse ingannato dal velo di Parrasio, così ch’un’uomo che per una bella immagine o statua sia provocato a libidine, e v’avesse chi commettesse disonesta con essa, de che pare che si strabilii Valerio, e qualche altro di lui, quasi che forse non sia mostruosità maggiore l’usare con donne morte, come scrivono che succedesse già a Fabriano nell’uccisione de’Chiavelli Tiranni, e a Milano 60 anni sono quando quivi era la peste. Ma Plinio e Valerio sopra tutti hanno infilzato sù ogni cosa, pure che potesse riempire le carte, sufferire motivo di conceteggiare, hoggidianare, e partorire stupore ne’leggitori. I nostri pittori ed historici non attesero a tante avvertenze e baie che se ci avessero applicato l’animo, averebbono gli uni veduto e gli altri notato casi, ed esperienze più maravigliose delle sudette. Non più di grazia.
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